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I reati ambientali in applicazione del d.lgs 231/01 e s.m.i. – pubblicato il D.Lgs 121/2011

Come già anticipato nel nostro precedente redazionale n. 6 del 11 Luglio 2011, in riferimento al recepimento ed all’applicazione della Direttiva Comunitaria 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, in data 16 Agosto 2011 è entreto in vigore il D.Lgs 121/2011 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 01 Agosto 2011.

Tra le novità, già anticipate, vi sono le modifiche introdotte agli Artt. 727 e 733 del Codice Penale.

Viene altresì integrato l’ormai famoso Articolo 25 del D.Lgs 231/01 e s.m.i. In particolar modo, è prevista l’introduzione dell’Articolo 25-undecies (reati ambientali) che il decretoriporta testualmente:

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Ecoreati in arrivo nel d.lgs. n. 231/2001

La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente verrà presto recepita da uno decreto legislativo di recepimento il cui schema approvato lo scorso aprile rivela in realtà che gli attesi nuovi reati ambientali non ci sono.

Se si comparano i due testi, ci si avvede che delle molteplici fattispecie penali prevedibili, il legislatore italiano ha scelto di inserire nel codice penale solo due reati (peraltro contravvenzionali) e di disciplinare i reati ambientali del D.Lgs. n. 231/2001.

Ma tutti gli altri dove sono andati a finire?

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Traffico di rifiuti, la 231 si applica all'impresa individuale

Nella sentenza n. 15657/2011 si torna a parlare di applicazione del decreto 231/2001 (che detta le responsabilità amministrative degli enti) per i reati ambientali.

Nella sentenza, la Cassazione stabilisce l’applicazione della revoca per un anno dell'autorizzazione a raccolta, trasporto e conferimento di rifiuti speciali nei confronti di una impresa individuale.

La Corte sottolinea che l'impresa individuale ben può assimilarsi ad una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona dell'imprenditore quale soggetto fisico che esercita una determinata attività.

Il Decreto 231, secondo la Corte può senz’altro essere applicabile alle società a responsabilità limitata c.c.  "unipersonali"; inoltre, molte imprese individuali spesso ricorrono ad una organizzazione interna complessa che può coinvolgere la responsabilità di soggetti diversi dall'imprenditore, ma che operano nell'interesse della stessa impresa.

In base ad una lettura “costituzionalmente orientata” è lecito per la Corte, ampliare il novero dei soggetti destinatari della legge 231 anche se nel testo non c’è alcun cenno riguardante le imprese individuali: la loro mancata indicazione non equivale ad esclusione, ma, semmai ad una implicita inclusione dell'area dei destinatari.

(...)

(tratto da Redazione Ambiente & Sicurezza sul Lavoro)

Responsabilità degli enti estesa anche alle imprese individuali

Nella nozione di ente deve essere ricompresa l’impresa individuale, posto che criterio rilevante ai fini dell’applicabilità del D. Lgs. n. 231/01 è la circostanza che l’ente sia dotato di personalità giuridica.

La sentenza in commento è stata resa dalla Suprema Corte nell’ambito di un procedimento penale a carico di un’impresa individuale, nei confronti di cui il Tribunale del Riesame, conformemente alle previsioni del D. Lgs. n. 231/01 (in seguito, anche il “Decreto”), aveva comminato la sanzione interdittiva della revoca dell’autorizzazione alla raccolta e al conferimento di rifiuti pericolosi, avendo essa reiterato il reato di associazione per delinquere (reato presupposto ex art. 24-ter, Decreto) finalizzata alla commissione dei reati in materia di raccolta, smaltimento e traffico illecito di rifiuti pericolosi.

Nella fattispecie concreta, l’impresa individuale ha proposto ricorso avverso la suddetta pronuncia del Tribunale del Riesame, e, riprendendo un precedente orientamento della Suprema Corte (sentenza n. 18941/2004), ha sostenuto l’applicabilità del Decreto soltanto con riferimento agli enti dotati di personalità giuridica con una governance di tipo societario o pluripersonale.

Con la decisione in esame, i giudici di legittimità, hanno rigettato il ricorso e ritenuto non condivisibile il precedente orientamento giurisprudenziale.

(...)

 

(Sentenza Cassazione penale 20/04/2011, n. 15657)

(tratto da ipsoa)


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