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Ecoreati in arrivo nel d.lgs. n. 231/2001

La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente verrà presto recepita da uno decreto legislativo di recepimento il cui schema approvato lo scorso aprile rivela in realtà che gli attesi nuovi reati ambientali non ci sono.

Se si comparano i due testi, ci si avvede che delle molteplici fattispecie penali prevedibili, il legislatore italiano ha scelto di inserire nel codice penale solo due reati (peraltro contravvenzionali) e di disciplinare i reati ambientali del D.Lgs. n. 231/2001.

Ma tutti gli altri dove sono andati a finire?

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Premetto innanzitutto che con queste mie considerazioni mi unisco alle critiche di chi (in primis, M. Santoloci, V. Vattani, “Ma i “reati ambientali” che stanno per essere recepiti dalla direttiva europea, dove sono nella legge di recepimento?...”, pubblicato il 21 maggio 2011 su www.dirittoambiente.net) denuncia l’incongruenza tra quanto annunciato dalle istituzioni (l’introduzione di un pacchetto di nuovi reati ambientali) e quanto invece il nuovo provvedimento sta per realizzare (l’introduzioni di poche fattispecie che “colpiscono” solo aspetti formali della materia ambientale).

Andiamo per ordine e cominciamo ad esaminare la normativa comunitaria di riferimento e cioè la direttiva 2008/98/CE.

La direttiva 2008/99/ce sulla tutela penale dell'ambiente
La direttiva 2008/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 sulla tutela penale dell’ambiente (GUUE L 328 del 6 dicembre 2008), mira a far sì che gli Stati membri introducano, nel diritto penale nazionale, disposizioni che siano in grado di garantire una tutela dell’ambiente più efficace (cfr., considerando 14 e art. 1, direttiva 2008/99/CE), dotando così i singoli Stati di uno standard normativo e sanzionatorio minimo (sanzioni penali) che permetta di fare un passo avanti rispetto ad un sistema in cui le sole “armi” sono quelle delle sanzioni amministrative o dei meccanismi risarcitori tipici dell’ambito civilistico.
(tratto da IPSOA)

Sotto tale profilo, l’Allegato A alla direttiva 2008/99/CE riporta l’elenco delle norme comunitarie “ambientali” la cui violazione costituisce un illecito secondo quanto disposto dalla stessa direttiva.

Per poter meglio comprendere l’ampiezza delle possibilità previste dalla direttiva 2008/99/CE, appare opportuno riportarne l’art. 3 rubricato “infrazioni”: “Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati:

a) Lo scarico, l’emissione o l’immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

b) La raccolta, il trasporto, il recupero o lo smaltimento di rifiuti, comprese la sorveglianza di tali operazioni e il controllo dei siti di smaltimento successivo alla loro chiusura nonché l’attività effettuata in quanto commerciante o intermediario (gestione dei rifiuti), che provochi o possa provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

c) La spedizione di rifiuti, qualora tale attività rientri nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 335, del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, e sia effettuata in quantità non trascurabile in un’unica spedizione o in più spedizioni che risultino fra di loro connesse;

d) L’esercizio di un impianto in cui sono svolte attività pericolose o nelle quali siano depositate o utilizzate sostanze o preparazioni pericolose che provochi o possa provocare, all’esterno dell’impianto, il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

e) La produzione, la lavorazione, il trattamento, l’uso, la conservazione, il deposito, il trasporto, l’importazione, l’esportazione e lo smaltimento di materiali nucleari o di altre sostanze radioattive pericolose che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora;

f) L’uccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

g) Il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette o di parti di esse o di prodotti derivati, salvo i casi in cui l’azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie;

h) Qualsiasi azione che provochi il significativo deterioramento di un habitat all’interno di un sito protetto;

i) La produzione, l’importazione, l’esportazione, l’immissione sul mercato o l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono.”
Qualcuno potrebbe obiettare che in realtà il nostro legislatore non aveva il bisogno di introdurre tali figure di reato dato che il nostro ordinamento già li prevede come tali, ma in realtà non è così laddove la stragrande maggioranza delle previsioni presenti nel nostro ordinamento per tali tipo di infrazioni non sono reati ma contravvenzioni.

Il recepimento della Direttiva

Orbene, la direttiva 2008/99/CE doveva essere recepita dall’Italia “anteriormente al 26 dicembre 2010” ed a tal fine era stata inclusa nell’Allegato B della L. 4 giugno 2010, n. 96 recante “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009” (G.U. del 25 giugno 2010 n. 146, S.O. n. 138): il nostro legislatore, però, ha previsto che il termine ricadesse nei nove mesi dall’entrata in vigore della stessa Legge n. 96/2010 (e vale a dire, entro il 9 aprile 2011).

Più in particolare, l’art. 19 – che detta i criteri per il recepimento – ha stabilito che la stessa dovesse essere coordinata con il D.Lgs. n. 231/2001, prevedendo: - l’inserimento nella Sezione III del Capo I di fattispecie criminose in materia di ambiente e - l’introduzione, nei confronti degli enti nell’interesse o a vantaggio dei quali è stato compiuto uno dei reati in questione, di “adeguate e proporzionate sanzioni amministrative pecuniarie, di confisca, di pubblicazione della sentenza” nonché - ma solo “eventualmente” - di sanzioni interdittive, nel rispetto dei limiti massimi previsti dal D.Lgs. n. 231/2001.

Alla stregua di ciò, il Consiglio dei Ministri n. 135 del 7 aprile 2011, in via preliminare, ha approvato lo schema di decreto legislativo recante “Attuazione delle direttive 2008/99/CE sulla tutela penale dell'ambiente, nonché della direttiva 2009/123/CE, che modifica la direttiva 2005/35/CE, relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di sanzioni per violazioni” (Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 357).

Coerentemente alla “procedura aggravata” prevista per le direttive include nell’Allegato B della comunitaria, lo schema di provvedimento attuativo è stato trasmesso ai competenti organi parlamentari per l’espressione dei prescritti pareri.

L’art. 1 dello schema è, pertanto, dedicato alle modifiche al codice penale e prevede due reati del tutto nuovi che recepiscono l’obbligo imposto dall’UE di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente, così da sanzionare la condotta di chi uccide, distrugge, preleva o possiede, fuori dai casi consentiti, esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette e di chi distrugge o comunque deteriora in modo significativo un habitat all’interno di un sito protetto.

Alla stregua di ciò, il provvedimento prevede che nel codice penale venga inserito: - l’articolo 727-bis, rubricato “Uccisione, distruzione, cattura, prelievo o possesso di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette”; - l’articolo 733-bis, rubricato “danneggiamento di habitat” all’interno di un sito protetto.
Per dare poi concreta attuazione alle previsioni relative alla responsabilità delle persone giuridiche per la commissione di reati a ambientali, l’articolo 2 dello schema modifica il D.Lgs. n. 231/2001, a partire dall’inserimento dell’art. 25-decies, per l’appunto rubricato “reati ambientali”, il quale, dopo aver fatto cenno alle specifiche sanzioni previste per le società in caso di commissione dei nuovi reati di cui agli art. 727-bis e 733-bis del codice penale, elenca le sanzioni pecuniarie previste a carico delle persone giuridiche per una serie di attività illecite già contemplate dal D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente).
Tali sanzioni, in alcuni casi molto elevate, sono relative a:
-  Le emissioni nell’ambiente senza la prevista Autorizzazione Integrata Ambientale, AIA (art. 29- quattuordecies);
-  Gli scarichi di acque reflue industriali senza autorizzazione (art. 137);
-  L’attività di gestione dei rifiuti non autorizzata (art. 256);
-  La mancata bonifica dei siti susseguente all’inquinamento del suolo, sottosuolo e acque superficiali (art. 257);
-  La violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari (art. 258);
-  Il traffico illecito dei rifiuti (art. 259) e le attività a tal fine organizzate (art. 260);
-  La violazione degli obblighi inerenti il SISTRI (art. 260-bis);
-  L’installazione o l’esercizio di uno stabilimento che emani emissioni nell’atmosfera senza autorizzazione (art. 279);
-  Il commercio e la detenzione di esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione, di cui alla L. n. 150/1992;
-  Le misure a tutela dell'ozono stratosferico e dell'ambiente, di cui alla legge n. 549/1993;
-  L'inquinamento provocato dalle navi di cui al D.Lgs. n. 202/2007, di attuazione della direttiva 2005/35/CE.

 


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