Cyber security, lavori in corso per regole globali di protezione
In un contesto in cui si assiste ad una vera e propria corsa agli armamenti cibernetici è chiara l’esigenza di un framework normativo sull’utilizzo di armi cibernetiche riconosciuto a livello globale. Diverse sono le proposte abbozzate in passato, concreta è quella condivisa dal gruppo G7 cyber.
Cyber security, tutti ne parlano, troppi abusano dei suoi termini, i molti non riescono andare oltre all’opportunità di business che questa materia promette di offrire nei prossimi anni.
Da un lato abbiamo una società avida di tecnologia, dall’altra la scarsa consapevolezza della minaccia cibernetica.
Basta sfogliare un giornale per comprende che qualcosa di importante sta accadendo, il numero di attacchi informatici è in inesorabile aumento così come il loro livello di complessità.
A farne le spese è la collettività, cieca dinanzi ad una lenta emorragia che la sta consumando proprio nel momento in cui ritiene che l’evoluzione tecnologica ci possa portare in ogni dove.
La sicurezza informatica è divenuta una questione di sopravvivenza, eppure la quasi totalità dei contribuenti ignora dell’esistenza di una spesa importante per la protezione delle infrastrutture critiche nazionali da attacchi cibernetici. Quando compriamo un’auto ci preoccupiamo del colore e dei vari optional, ma non andremmo mai a pensare di doverci interessare di un sistema di difesa che possa evitare incidenti informatici.
Ogni qual volta utilizziamo un dispositivo connesso alla rete dobbiamo essere consapevoli di essere nel bel mezzo di un campo di battaglia in cui una pletora di attori si confrontano quotidianamente.
Criminali informatici, hacker al soldo di governi, attivisti e cyber terroristi minacciano istantaneamente il nostro vissuto digitale.
Pensiamo che i nostri dispositivi, siano essi smart TV piuttosto che i sistemi di controllo di una infrastruttura critica, sono connessi alla medesima rete sfruttata dai governi per condurre attività di spionaggio, sabotaggio, ed operazioni di guerra psicologica.
Il cyber spazio è stato riconosciuto dalla NATO in luglio come il quinto dominio di guerra, in poche parole l’Alleanza riconosce la possibilità di una risposta militare ad un attacco cibernetico contro uno degli stati che la compongono.
Il cyber spazio è il campo di battaglia, teatro di molteplici conflitti di cui spesso ignoriamo l’esistenza, a combattersi sono governi che utilizzano lo strumento informatico per compromettere i sistemi di stati avversari.
Tali conflitti sono istantanei per definizione, asimmetrici e spesso condotti in periodi in cui non vi sono conflitti in corso tra i contendenti. L’utilizzo di armi cibernetiche è conveniente per molteplici motivi, sono efficaci come le armi convenzionali, sicuramente meno costose, e soprattutto il loro utilizzo non è semplice da attribuire ad uno specifico attore.
Proprio la difficoltà dell’attribuzione di un attacco cibernetico è un nodo cardine dell’odierna disciplina militare. L’uso di un arma cibernetica consente di eludere sanzioni da parte della comunità internazionale nel momento in cui l’attribuzione è difficile, talvolta impossibile.
Tutto ciò implica che la quasi totalità dei governi è intento a incrementare le proprie capacità cyber, sotto il profilo della difesa, ma in maniera più o meno esplicita anche dell’offesa. Nel corso delle scorse elezioni Presidenziali Americane, il Governo di Washington a più riprese ha accusato quello Russo di interferenze con le campagne dei candidati alla Casa Bianca.
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Fonte: Agendadigitale.eu