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Vademecum Deposito temporaneo rifiuti

 Il Deposito temporaneo è inteso come il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima dello smaltimento, nel luogo in cui gli stessi sono stati prodotti. Deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti che non possono essere miscelati/mischiati/accantonati in uno stesso contenitore.

Il deposito temporaneo è mono-soggettivo, in quanto non è possibile, in caso di diverse imprese operanti nello stesso sito, la creazione di un deposito temporaneo cumulativo. In caso di deposito di rifiuti pericolosi, deve essere vietato l’accesso ad estranei.

È importante che gli operatori tengano presente che la nozione di “luogo di produzione” dei rifiuti non potrà essere interpretata in modo eccessivamente ampio, proprio perché questo comporterebbe una dilatazione non consentita del concetto di «deposito temporaneo», la quale potrebbe essere interpretata dalla giurisprudenza (anche e soprattutto in sede penale) come “abuso” del regime derogatorio connesso a quest’ultimo concetto.

 Definizione Deposito temporaneo

D.Lgs. 152/2006

...
Articolo 183 comma 1

....
bb) "deposito temporaneo": il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni:

1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti (POPs) di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;

2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;

3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;

4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;

5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo.

 

Limite temporale e volumetrico

Il deposito temporaneo ha un limite temporale che deve essere osservato prima dello smaltimento (il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno) in relazione però anche a limiti volumetrici di rifiuti che si possono accantonare.

Il limite volumetrico ed il limite temporale, da non superare affinché il deposito temporaneo non si configuri come deposito incontrollato o stoccaggio, sono alternativi.

Il produttore ha due possibilità, a seconda delle proprie esigenze:

1) raggruppare in deposito temporaneo all'interno del proprio luogo di produzione un quantitativo illimitato di rifiuti pericolosi provvedendo alla raccolta e all'avvio alle operazioni di recupero o di smaltimento entro il termine massimo di tre mesi;

2) raggruppare in deposito temporaneo all'interno del proprio luogo di produzione un quantitativo massimo di 30 metri cubi di rifiuti, di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi, avviandoli alle operazioni di recupero o di smaltimento al raggiungimento del limite massimo anche se ciò avviene dopo più di tre mesi; tuttavia, anche se non si è raggiunto il quantitativo massimo, il termine di giacenza non può superare mai un anno.

Deposito temporaneo effettuato in maniera corretta:

-         Rifiuti separati per codice CER

-         Ogni rifiuto provvisto di etichettatura riportante le caratteristiche del rifiuto, il quantitativo e il codice CER

-         Rifiuti liquidi: Bacini di contenimento

Sentenza Corte di Cassazione 19 marzo 2015 n. 11492

Rifiuti - Deposito temporaneo ex art. 183 lettera bb) D.Lgs. 152/2006 – categorie omogenee - Nozione - Coincidenza con classificazione CER - Sussiste - Rilevanza per gestione illecita ex art. 256 c. 1 D.Lgs. 152/2006 - Sussiste

La Suprema Corte ha sancito con sentenza 19 marzo 2015 n. 11492 che: “le categorie, comprese quelle di cui alla lettera bb), non sono identificabili sic et simpliciter con la classificazione di cui all’art. 184 del D.Lgs. 152/2006 (rifiuti urbani e speciali, pericolosi e non pericolosi), ma ne costituiscono specificazione, precisa individuazione tecnica (connotata da apposito CER), sì che anche l’omogeneità delle stesse deve essere verificata nei medesimi termini”.

Nel caso di specie si trattava di una enorme quantità di rifiuti composto da materie varie rocce, scorie di cemento, bancali, miscele bituminose, pneumatici, etc) ammassate alla rinfusa e senza alcuna distinzione.

È stata esclusa la tesi difensiva del deposito temporaneo, di cui all’art. 183 lett. bb) del D.Lgs. 152/2006 che richiede che lo stesso si effettuato (tra l’altro) per categorie omogenee, nel caso di specie non ravvisabili.

Per deposito controllato o temporaneo si intende, infatti, ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, solo quando siano presenti precise condizioni relative alla quantità e qualità dei rifiuti, al tempo di giacenza, alla organizzazione tipologica del materiale ed al rispetto delle norme tecniche elencate nel D.Lgs. 152/2006.

In difetto, anche di uno solo dei requisiti menzionati, il deposito viene considerato:

-         deposito preliminare, se il collocamento di rifiuti è prodromico ad una operazione di smaltimento che, in assenza di autorizzazione o comunicazione è sanzionato penalmente dal DLgs n. 152/06 art. 256 c.1 messa in riserva, se il materiale è in attesa di essere avviato a operazioni di recupero che, trattandosi di fase di gestione dei rifiuti, richiede il titolo autorizzativo la cui mancanza integra il reato previsto dal D.Lgs. 152/2006 art. 256 c.1

-         deposito incontrollato o abbandono, quando i rifiuti non siano destinati a operazioni di smaltimento o di recupero. Tale condotta è sanzionata come illecito amministrativo se posta in essere da un privato e come reato contravvenzionale se tenuta da un responsabile di ente o impresa.

I Giudici, non ravvisando la presenza di categorie omogenee in termini di CER, hanno confermato la condanna dell’imputato per il reato di gestione illecita di rifiuti ex art. 256 c. 1 D.Lgs. 152/2006, specificamente il reato di deposito preliminare di rifiuti non autorizzato dando atto che il collocamento dei rifiuti, alla rinfusa, era prodromico ad attività di smaltimento.

Classificazione dei rifiuti

La classificazione dei rifiuti e' effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER ed applicando le disposizioni contenute nella decisione 2014/955/UE e nel regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014.

La classificazione CER si basa su un criterio misto che tiene conto dei seguenti elementi:

- processo di produzione che ha generato il rifiuto;

- tipologia merceologica del prodotto a fine vita (es. veicoli fuori uso, batterie, cosmetici scaduti, ecc…);

- contenuto di sostanze pericolose specificamente o genericamente nominate.

Classificazione rifiuto D.Lgs 152/2006

...
184. Classificazione

1. Ai fini dell'attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.

2. Sono rifiuti urbani:

a)        i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b)        i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g);

c)        i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d)       i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua;

e)        i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f)         i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), e) ed e).

3. Sono rifiuti speciali:

a)        i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2135 c.c.;

b)        i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis;

c)        i rifiuti da lavorazioni industriali;

d)       i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e)        i rifiuti da attività commerciali;

f)         i rifiuti da attività di servizio;

g)        i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h)        i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i), l), m) (lettere abrogate dall'art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010)

n) (lettera abrogata dall'art. 2, comma 21-bis, d.lgs. n. 4 del 2008)

 

Divieto miscelazione

È sempre vietato miscelare categorie diverse di rifiuti pericolosi oppure rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi per non impedire sia tecnicamente ed economicamente il recupero dei rifiuti oppure al fine di impedire la diluizione delle sostanze pericolose in essi contenute e quindi declassificare il rifiuto.

Articolo 187 (Divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi)

1. È vietato miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi.

La miscelazione comprende la diluizione di sostanze pericolose.

2. In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che:

a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177, comma 4, e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto;

b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211;

c) l'operazione di miscelazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn).

2-bis. Gli effetti delle autorizzazioni in essere relative all'esercizio degli impianti di recupero o di smaltimento di rifiuti che prevedono la miscelazione di rifiuti speciali, consentita ai sensi del presente articolo e dell'allegato G alla parte quarta del presente decreto, nei testi vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, restano in vigore fino alla revisione delle autorizzazioni medesime.

3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni specifiche ed in particolare di quelle di cui all'articolo 256, comma 5, chiunque viola il divieto di cui al comma 1 è tenuto a procedere a proprie spese alla separazione dei rifiuti miscelati, qualora sia tecnicamente ed economicamente possibile e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 177, comma 4.

3-bis. Le miscelazioni non vietate in base al presente articolo non sono sottoposte ad autorizzazione e, anche se effettuate da enti o imprese autorizzati ai sensi degli articoli 208, 209 e 211, non possono essere sottoposte a prescrizioni o limitazioni diverse od ulteriori rispetto a quelle previste per legge.

(...)

(tratto da Certifico.com)

 


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